su libro LE STANZE INQUIETE di Lucianna Argentino

Natalia Bondarenko

1.
Del libro di Lucianna Argentino, senza voler sminuire le poesie, colpisce prima di tutto la presentazione che lei stessa ha scritto. Si comprende che al centro della propria esistenza c’è  ‘il sentimento del cuore’ coniugato all’etica del lavoro, pensiero che viene da Simone Weil e che Argentino fa suo.
Posso dire che oltre ad essere interessante, tutto ciò, è anche potentemente poetico.
Nel suo lavoro quotidiano dice di aver “cercato di vedere le persone così come sono, con le loro debolezze e le loro grandezze…” e poi ancora, dice, di aver guardato “un essere umano con la sua storia invisibile, una persona cui dovevo rispetto…”. Queste, oltre ad essere parole belle,  sono anche parole forti. Lucianna non ha nessunissimo problema a mettersi a nudo, avvicinarsi ai margini, mostrare le cicatrici nascoste di ferite subite, sia di chi scrive sia delle persone che si sono incontrate. E poi, riuscire a ‘trovare’ la poesia, scriverne di bella e buona, partendo dalla cassa di un supermercato è semplicemente sorprendete.

2.
La grande attenzione alle persone, agli altri, a tutti quelli con cui abbiamo rapporti di conoscenza o solo di incontro fortuito e casuale, che si esprime insieme al senso spirituale della vita:
…anime al macero, anime asfittiche
di case da tempo chiuse.
Si portano dentro un dio abortito.
Un campionario umano di rara potenza. Ognuno descritto con grande umanità e rispetto: dai tentativi goffi dei sedicenti dongiovanni, alle lettere piene di dignità di chi non ce l’ha fatta e si sente escluso e vede in lei un possibile alleato, capace anche solo di un semplice contatto umano. I versi di Argentino esprimono proprio questo: la grande capacità di badare, di tener conto solo ed esclusivamente delle cose dell’anima, dello spirito, mettendo da parte la materialità della vita. E questo significa, lo dice lei stessa nella postilla, badare alla sostanza:
Qui ogni minuto che scorre ha un volto diverso,
una diversa cifra, grani di un immenso rosario:
ognuno con la sua muta preghiera
o la sua muta bestemmia,
che poi è lo stesso se crediamo
ci sia un dio ad ascoltare.

3.
Tutto questo descritto in una forma diaristica e ordinaria, quasi dimessa. La lingua diretta, usata con una grande generosità, fa parte in modo naturale di questa raccolta: si intreccia con il tessuto poetico in modo spontaneo, quasi da prosa. Anzi, direi che in alcune parti la poesia di Argentino è decisamente ‘prosastica’, ma con una sua interna musicalità che la rende piacevole nella sua scorrevolezza:
Oggi ti ho tradito, ma vado di fretta.
Da te c’è troppa fila.
Mi salutano così
quelli a cui sono familiare o simpatica.
Non se ne vanno facendo finta di niente.
Si scusano, mi rassicurano
e si rassicurano, a loro volta,
di essermi familiari o simpatici.
Un perfetto allineamento tra i personaggi descritti e il linguaggio usato.

Un difetto?
Difficile trovare un difetto, ma se le cose stanno proprio così e per questioni attinenti al titolo della rubrica (per contratto, diciamo), se proprio devo proprio trovare questo pelo nell’uovo (è solo un peccato veniale) potrei dire che a volte traspare un accentuato buonismo, una sorta di situazione ‘ideale’ che pur parlando di cose terribili e scabrose, fa dimenticare la realtà. Come se fosse normale il riconoscimento di tanta umanità. Ma quante volte un difetto nel tempo si è rivelato un grandissimo pregio?



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