http://wordsocialforum.com/2013/07/17/labitudine-alla-vita-le-confidenze-confidenziali-di-natalia-bondarenko/
E’ nel titolo che si presenta il leitmotiv che porta in vita il libro di Natalia Bondarenko, l’impulso autobiografico, quel necessario confidarsi per non lasciare che la propria esistenza passi senza rivelarsi agli altri; e gli altri sono quei confidenti distratti da conquistare con la propria “mappa dei punti sensibili”, esponendosi pura e trasparente, nella radicale convinzione che “non è facile esprimersi con due parole sole”, e in se la traslazione di un’esperienza femminile dove “festeggiare la gloria del nulla” è già comunque esistere.
E’ nel titolo che si presenta il leitmotiv che porta in vita il libro di Natalia Bondarenko, l’impulso autobiografico, quel necessario confidarsi per non lasciare che la propria esistenza passi senza rivelarsi agli altri; e gli altri sono quei confidenti distratti da conquistare con la propria “mappa dei punti sensibili”, esponendosi pura e trasparente, nella radicale convinzione che “non è facile esprimersi con due parole sole”, e in se la traslazione di un’esperienza femminile dove “festeggiare la gloria del nulla” è già comunque esistere.
Dentro un labor limae
esistenziale, che sceglie la sequenza, con una vera e propria trama temporale e
spaziale, resa in liriche di libera metrica, anzi di “non” metrica,
assolutamente libere di raccontare in presa diretta, non prosa ma verso lungo,
vers libre. Luoghi e personaggi, preposizioni semplici ed articolate
e presente indicativo: io sono,/io ho/ io non so/ io amo/ per
il conto degli anni e delle confidenze e infiniti semplici per coniugare i
desideri “Stare nel mio cortile, \volare sempre basso,\ ingrassare per bene
\per essere cucinata nel giorno del (suo) ringraziamento. Volevo essere anch’io
tutta sua\con un anello sulla zampa\ pieno di dediche\per sempre“. E il
territorio è la nostalgia che si muove fra la parte russa che occupa la
geografia dell’anima e quella italiana che è la parte nomade più che esule. “E
le finestre ad Est, chi sa perché\terrò sempre aperte” l’autrice è segnata
dalla nostalgia della Russia e la stende in tutto il racconto in versi. Ma in
relazione a quest’ultimo elemento, dobbiamo svelare il tranello
dell’esergo e dei riferimenti alla sua autrice “mito”: la poetessa Marina
Cvetaeva così citata non è da mettere in relazione affatto (appunto se non per
amore e per esergo e citazioni), il vere libre della Bondarenko con la
Cvetaeva dai lunghi respiri intarsiati di spirito e terra, ma tanto più
calzante è il continuo racconto in prima persona, dividendo in frammenti ogni
ricordo, cercando dialoghi involontari ma necessari con Dio, svelando l’esilio
imposto dalla maternità, che avvicina questa raccolta alle inquietudini della
scrittura di Elena Švarc, in una linea continua dove le confidenze sono
necessarie “non per placare la mia sete\ ma per soddisfare la mia anima”(E.
Švarc).
Nel conto degli anni di Confidenze
Confidenziali c’è la ricerca dell’amore. Amore materno per la bambina dalla
madre sola e del padre a bere, amore filiare per quel “povero cristo di mio
figlio \ mai nato da un grembo poco accogliente” e di tutti gli uomini in
cui ci si possa specchiarsi per ritrovarsi amata, perché l’amore è “la
matematica elementare” per sommare la vita con la felicità. Bello, bello
davvero, davvero vero. E tutto arriva e si perde quotidianamente. La Russia è
nella cipolla continuamente mangiata e nell’eredità di un vecchio impermeabile
della nonna, l’Italia è nella solitudine delle case troppo vuote (ma da quando
sono diventate così vuote le nostre case? la domanda è della redattrice non
della poetessa) o nella maleducazione del leghista imbolsito nel verde della
sua cravatta. E nella tenacia della resistenza è la forza vitale che la poesia
traduce con improvvisi spruzzi di ironia che fanno sobbalzare e sorridere dopo
il caos del dolore. Tenacia femminile che non concede nulla a nessuno, visto che
il primo bisturi ha tranciato le illusioni e dato alla vita secolare la carne
nuda. Ed anche altro “lasciamo stare i soliti discorsi da saccenti\ che non
sono le coccarde a farci meritevoli“: qui versifica l’erede del Club delle
Estranee di Virgina Woolf e allora, quando racconta “Credo, per fare una
specie di conta\ degli anni non vissuti insieme\ dei figli non concepiti\del
mucchio di chissà cosa\ però sai, di questo “chissà cosa”\ penserò al ritorno”
la confidenza ormai si è instaurata e il tono è davvero amichevole quando il
lettore passerà oltre la pagina e chiederà confidenzialmente all’autrice: “Ma
alla fine, l’hai trovato o no l’amore?”.
Nessun commento:
Posta un commento