Recensione di Viorel Boldis

La poesia di Natalia Bondarenko è nuda e cruda, quando dolce sulla punta della lingua, quando amara in fondo al cuore. È come quel sorriso che due amanti occasionali si scambiano dopo una notte d'amore, sapendo sotto sotto che non s'incontreranno mai più. Eppure sono estremamente contenti di aver (rac)colto quel attimo di felicità che gli dei, con la loro santa (e fottutissima) maliziosità, hanno nascosto dentro di noi: metà nel uomo e metà nella donna.
Natalia condivide con il lettore i suoi più intimi sentimenti, e lo fa con sincerità, senza troppi fronzoli linguistici. È chiaramente visibile la sua sete spirituale ma altrettanto fisica, il suo voler toccare con la mano anima e corpo. Per lei la poesia è un corollario di sentimenti, come i suoi quadri impregnati di fantasia quasi palpabile. I sentimenti si susseguono quando con discrezione, quando ben espliciti, ma mai sono banali o ridondanti.
La Bondarenko è anche testimone dei suoi tempi, e non poteva essere altrimenti visto le sue radici:

Rossa, Tienanmen, de la Concorde
della Signoria, dei Miracoli... Tutte le piazze
sono diversamente simili

zuppe di grandi storie, di storie soltanto o di storielle,
formicai di venditori ambulanti di crocefissi,
di immagini sacre sconsacrate e souvenir made in Cina.

Il dolore che avvolte traspare dai versi, accompagna come una dolce musica di sottofondo, ma viene mascherato quasi sempre da un'ironia velata, sottile, che ci fa credere che tutto va bene, che tutto va a meraviglia:

Lei,
che ti sorseggia come un caffè consueto,
seduta fra gli amici tuoi, guardandoti. Superba.
Il vino a quest’ora del mattino
un’esasperazione pura...

Anch’io ti osservo, velandomi con
gli occhiali neri. Un po’ esagerata.

Distratto come sei, mi stai spogliando
d’ogni mia foglia.
Sei solo.
Sola anche lei...

Mi sento ben accompagnata.

La poesia di Bondarenko oscilla tra la luce del giorno e quella della notte, tra l'orizzontale della materia e il verticale dello spirito. Ma forse è l'eros che domina e sovrasta le altre immagini, quel eros eroso, ormai vissuto, passato, che viene tirato fuori per capelli dai ricordi:

Che vuoi assaggiare il gusto della mia bocca,
dici,
scagliandoti addosso.
Il segno dei tuoi incisivi sul capezzolo
fa male nonostante non si vede.
Dici
che si sente fino alle narici il gusto amaro
di una strana malinconia.

Illusioni, risentimenti, abbandono, tutto quanto nella pattumiera, a vista, ma nella pattumiera:

Posso abbandonare il mio corpo steso
[fianchi magri, dorsi esausti dal materasso,
le crepe nel cuore, gli occhi arrossati]
lo stesso, anche l’anima,
pregiata come la pelle di un rettile – buttata per aria
[buchi neri, discorsi complicati, lettere smarrite
e altra spazzatura da riciclare]…

Essere donna che ama per Natalia è come essere soldato per Ungaretti. Sa di profumo di terre lontane il suo amore, e quella patina di nostalgia majakovskijana che trasuda dai suoi versi, gli da uno splendore, sì triste, ma nello stesso tempo caldo e accogliente:

Dalla maledizione del sesso
alla benedizione di un figlio
lo spazio e di una notte,
io
che amo la luna fallace
conto le stelle che rubano il sonno
e camminando sull’erba piangente,
abbraccio la nascita del giorno.
Io sto in mezzo
gongolando.

Le strutture stilistiche non sono uniforme, e Natalia manovra la lingua italiana con una certa abilità, direi spontanea. Ho sempre detto che la lingua italiana si riscopre ogniqualvolta un poeta straniero la attraversa in punta di piedi.
Il suo stile è quasi impetuoso, non forzato, anche se a volte sembra troppo scettico, ma il suo vissuto probabilmente le impone sentimenti duri. Basandosi sulla versatilità di immagini non ben definite, Natalia si permette di usare avvolte toni volutamente patetici, ma adornati di una velata ironia:

Guarda che per avermi
e semplice: sfoglia un dizionario della seduzione,
qualche bugia ben riuscita
baloccando a proposito – fammi sentire unica
o, almeno, la seconda
[se proprio cosi che stanno le cose]
e poi, sfiorando con audacia
tutte le periferie del mio corpo,
illuditi di avermi come mi illudo io. Un caffe
te lo preparo... quando hai finito...

Natalia Bondarenko sa essere presente anche nelle pause che crea volontariamente, quando la parola scritta tace e lascia spazio ai pensieri, nostri e suoi, per coinvolgerci, per farci complici dei suoi sentimenti.

Tutto quello che ho detto,
ho scritto, ho spedito con
tutti mezzi che possiedo e
non vorrei mai possedere,
tutte le parole goffamente
sbagliate, le frasi costruite
senza alcuna regola e senno,
scavate negli addii precedenti
e raccolte in un volume
degno sicuramente di rispetto
ora mi sprofonda il petto…
  
Anche se a volte Natalia ricompone immagini aiutandosi da chiari elementi romantici, la sua poesia è moderna e i suoi versi liberi riescono a intrecciare le sfumature dell'erotismo sinuoso con la concretezza della materia. E così, la poesia guadagna vigore, diventa frenetica, e più di una volta delirante, attirando il lettore e coinvolgendolo. Aldilà di questa sorta di delirio erotico che delinea le profanerie poetiche della Bondarenko, si scopre un'anima soave e assetata di amore, che vive tra l'ambiguità dell'essere poeta e la realtà di essere e basta.

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